Che cosa hai letto di suo?
Ebbi per le mani, in maniera avventurosa, addirittura una prima edizione del Canzoniere (1900-1921) … La lessi…
Poi persi quel libro (che oggi sarebbe stimato, penso, non meno di 5000 euro) e comprai e lessi l’edizione critica del Canzoniere…
Ma persi anche quella… Strano perché non ho mai perso un libro in vita mia, e invece ho smarrito due libri importanti di Saba (per fortuna, almeno li avevo letti …)
Poi ho letto tante altre sue poesie sparse, le lettere e alcune prose…
Hai deciso di leggerlo per caso, curiosità, perché ti è stato imposto a scuola o all’Università, dietro consiglio di altri, o per qualche altro motivo?
Curiosità direi e il destino di trovarsi per le mani una prima edizione…
Sempre spinto da un moto di attrazione e distacco allo stesso tempo…
Quali sono, secondo te, i punti forza e le debolezze della sua opera?
La forza di Saba è quella di essere un mistero, un enigma nel panorama letterario del ’900…
Un inclassificabile né incasellabile in nessuna delle categorie che la critica, per pigrizia o comodità, spesso inventa…
Ed anche il fatto di aver avuto la capacità di esprimere – come diceva la Morante – “la qualità vulnerabile di tutto ciò che vive” con parole chiare e quotidiane (o trite, come diceva lui) e con una squisita eleganza di canto (con echi da melodramma verdiano)…
Ma la poesia di Saba (l’immagine a lui sarebbe piaciuta…) è come un mare azzurro e tutto calmo solo in apparenza… Uno pensa di farsi una nuotatina, facile facile e poi si accorge che l’acqua è piena di mulinelli e vortici che lo tirano nel profondo… Questa è stata la difficoltà principale per la critica italiana che, esclusi pochi, non lo ha molto capito, ma lo accenneremo nelle domande successive…
La debolezza, per quanto mi riguarda, sta in una certa querula lamentosità e in una certa monotonia della voce (spesso si ripete): anche il suo pessimismo biblico mi risulta meno empatico rispetto al cosiddetto pessimismo leopardiano (dietro al quale, invece, si celava una sorprendente domanda di significato e di senso alla vita…)...
Quale verso e/o lirica ritieni particolarmente significativo/a?
Sarebbero troppe da elencare… Limitiamoci a Borgo, Caffè Tergeste, Sovrumana dolcezza (un titolo quasi pasoliniano…), Campionessa di Nuoto, In riva al mare e al ciclo di Trieste e una donna ( anche per un fatto mio biografico legato appunto a Trieste e a una donna…)…
Mi piace moltissimo la parte finale di Ulisse, che fa pensare a un autore a lui lontanissimo come il Foscolo (che comunque lesse in gioventù così come gli altri grandi della tradizione italiana alta, Petrarca, Leopardi, Manzoni…)
Cosa pensi della sua produzione in prosa? Ritieni abbia una rilevanza perlomeno pari a quella in versi? Che tu risponda sì o no: per quali ragioni?
Pari alla poesia, non credo… Ho letto le Scorciatoie e un po’ di Ernesto: molto interessanti ma il Saba prosatore aveva forse un po’ la sfortuna del confronto con un suo concittadino, nato ventidue anni prima di lui e morto nel ’28: un “tale”, Italo Svevo…
C’è, secondo te, un aspetto della sua opera che non è ancora stato messo ben in luce dalla critica?
Qui si dovrebbe fare un discorso troppo lungo… è vero, come disse Solmi rispondendo a un’ accusa un po’ generica di Carlo Levi, che i giovani critici del tempo, i Montale, Debenedetti, egli stesso, avevano rilanciato e capito meglio Saba di quanto avessero fatto i coetanei del Maestro…
Saba è stato comunque preso in considerazione: il problema è stabilire se e quanto sia stato capito, nel lungo tempo… Già l’essere triestino in suolo austro-ungarico, con influenze della cultura tedesca, lo rendevano straniero, ma era più la sua poesia, il vero elemento così facile e pur così piena di echi e di ombre straniere e inconsciamente misteriose, a presentare molti problemi di collocazione nel contesto generale del ’900 italiano… Pareva che lui – ballasse, o meglio con Nietzsche, danzasse da solo…
La sua poesia era più musicale, vicina al Lied che plastico figurale, almeno inizialmente…
Poi, con gli anni, Saba divenne sempre più artisticamente consapevole – divenne sempre più artista per usare un termine desanctisiano – e ci furono anche critici contenti di riscoprirlo più intellettualmente consapevole nel rielaborare i temi della sua precedente poesia, altri di vederlo per alcune cose addirittura prossimo a un poeta diversissimo come Montale; ma la verità è che Saba rimase sostanzialmente fedele alla sua natura originale e antica, almeno nell’anima profonda della sua poesia, non in superficie… Per questo personalmente ritengo il suo primo Canzoniere già esemplare…
Dopo i massacri della seconda guerra mondiale, forse si vide che la poesia di Saba – rispetto a certe vertigini intellettuali o astrazioni e simbolismi o metafisiche moderne – possedeva una capacità di abbraccio all’umano, di autenticità, di confidenza… Se ne sentiva il bisogno… Eppure…
Dunque, di certo Saba ha avuto i suoi critici – in particolare Debenedetti ed oggi Lavagetto: ma è pur vero, come scrisse Raboni, che, forse a parità di grandezza, rispetto a Montale e Ungaretti ha “subito” molte meno esplorazioni e indagini…
Saba è un autore ancora da scoprire… è ancora un mistero…
Bisognerebbe però andare cauti nel considerarlo un realista in toto, come certa critica di sinistra ha un po’ forzatamente affermato: ci mettono un po’ in avviso sia Baldacci ma ancor più lo stesso Mengaldo… Non che la cosa mi riguardi troppo dato che, vedendolo in tv, anni fa in un bel programma registrato, in tre minuti Borges mi ha spiegato i limiti del cosiddetto realismo letterario e la ristrettezza dei suoi guardiani o sentinelle… Rafforzando le mie precedenti convinzioni… Io non ho la necessità di rilasciare patenti di realismo per amare o apprezzare un autore…
La lettura delle sue opere ha inciso nella tua formazione letteraria? Se sì, in quali zone della tua poetica e della tua scrittura credi che ciò sia ravvisabile?
Nel mio primo libro – Diario tra due estati – c’erano echi stilnovistici, danteschi, Luzi, l’ultimo Caproni, il Montale più araldico, Rimbaud, Rilke e tutta una serie di riferimenti alla grande poesia europea benché rielaborati in modo molto personale e consapevole, come scrisse nella prefazione il finissimo e colto poeta, anche tra i migliori critici stilistici italiani, Fernando Bandini… Dunque distanza siderale dalla poesia di Saba…
Nel secondo libro – che ho ultimato e che conto di pubblicare quando potrò – noto invece, con mio grande stupore, di non aver subito nessuna influenza, almeno nelle cose nuove che non siano rielaborazioni di testi giovanili o certi omaggi testoriani…
In questo nuovo lavoro emerge uno stile autenticamente personale e mio: e qui scatta la sorpresa… Proprio l’aver trovato un tono e un lessico così miei, mi portano stranamente vicino a Saba (e anche a certo Pasolini): cioè emerge forse una mia natura prossima, non tanto alla loro poesia, come cadenze o lessico o sintassi, insomma non tanto per influenza letteraria diretta ma come sintonia umana che porta ad una prossimità con il loro mondo poetico… E questo lo verifico – a posteriori – appunto con sorpresa…
Chi è oggi in Italia, secondo te, il poeta che ha raccolto il suo magistero, e perché?
In un recente passato, direi Bertolucci, il primo Caproni, Penna, certo Pasolini e Dario Bellezza…
Però ho il sospetto – e qui faccio l’eretico – che anche un poeta diametralmente opposto come Montale abbia subito certe influenze non so se penniane o sabiane… Ti ricordo che Penna si lamentava che Montale lo avesse copiato…
Comunque Montale di certo apprezzava e sentiva molto la poesia e la qualità di Saba (e gli era amico…)…
Oggi direi soprattutto Giudici che pure lo conobbe… Ma non si può parlare di magistero, credo…
Semmai di un tipo di possibilità, di una strada che Saba può aver aperto e che gli altri hanno proseguito in maniera del tutto personale…
Non credo che l’influenza di Saba, per esempio, possa essere paragonabile a quella degli Ungaretti e dei Montale…
La poesia di Saba resta legata all’uomo Saba anche se misteriosamente ed enigmaticamente continua a fluire nel tempo, come un fantasma in cerca di requie…
Saba è ancora attuale, nel 2007?
Non so se ti sia mai capitato di vedere le apparizioni di Saba, vecchissimo, in una delle teche Rai: bianco e nero sbiadito, vocina stridula che si lamenta sempre per qualcosa, mano spesso sulla testa…
Be’, siccome vengono trasmesse raramente e in orari notturnissimi, diventano come sospese in un tempo indefinito: sono anche un po’ inquietanti… Ma al tempo stesso recano, a noi uomini abituati ormai a tutto quello che la tv ci spara, a noi uomini scafati, smaliziati, come un piccolo fiore di tenerezza, di umanità e di autenticità, anche nel suo dolore…
Si possono fare discussioni sulla collocazione storiografica di Saba, sulla sua importanza ed altro: ma certo non si può non riconoscere che Saba sia stato (ed è, nell’opera) uno dei poeti più veri, autentici e naturalmente dotati del nostro ’900: dunque ancora attuale oggi…
O meglio, ripensando ad una cosa scritta da Berardinelli, direi che - proprio nell’essere così inattuale e così lontano dai miti del nostro tempo – Saba diventa invece, nelle umili verità della sua poesia, non solo attuale ma necessario…
Andrea Margiotta
http://supermargiotta.blogspot.com/